mercoledì

manine


se questo mondo corre e io a fatica vi inseguo
cadono come hula hoop i miei orbitali
tu che hai la forza di fermare tutto
mi chiedi un bacio sulle manine


venerdì

burattini

con le tue verticali e gli angoli e gli spigoli
come le pose dei burattini
queste pertiche che aprono il tuo buio
racchiuso in un velo di cotone fresco

ceralacca

ho scoperto quei solchi sulle cosce
scommetto che se potessi bucarti il cielo
ne uscirebbe un odore fortissimo
la mia lingua ceralacca 

cutting

segui  con lo sguardo il mio indice
lentamente tracciamo una traiettoria sulla tua pelle
il mio vento stellare riapre quei tagli rimarginati
facciamo esplodere una supernova 

lunedì

l'acqua

Quante vite viviamo, quante volte si muore
con quanta facilità ci strucchiamo dopo una giornataccia
l'acqua è indispensabile alla vita
l'acqua è indispensabile alla morte

mercoledì

taglio

Con i suoni confusi e il vociare delle persone
mentre tocco il bordo del bicchiere e gioco con la condensa
disegno dei cerchi per non fissare la tua faccia 
che mi parla e chissà che dice 
perché parla anche se non dice 
e per questo si confondono le voci e non capisco 
perché sotto le tue labbra che si muovono 
vuoi nascondere qualcosa che è così evidente.

shame

Conquistare il tuo campo visivo in metrò
per spostare le mie truppe sull’orlo del vestito
e poi di nuovo, sparare sulla tua pupilla.
Se potessi diluire la mia carne
Vorrei far parte degli abissi senza luce
sentire la densità di milioni di ettolitri di pace
placare la sete di umori corporei.

Shame - film 2011

martedì

Ritornare


Quando torno sulle tue strade sempre ti riconosco
come profumo di mimosa di Villa Mercede,
nel 71 che ci portava alle laterne rosse,
nella corsa forsennata alla fermata del notturno.
Quest’aria gradevole che hai soffiato sul mio naso
Ha innescato l’incantesimo per cui non posso smettere
di amarvi.

venerdì

cefeide



cefeide d'asfalto nello spazio metropolitano
se interrompi la gravitazione salgono nell'aria
macchine e passanti, lattine e barboni
valige, bulloni, biglietti dell'atac
il 211 che aspetta e chissà quando riparte

giovedì

nana bianca

nana bianca in collasso gravitazionale
siamo corpi celesti senza raziocinio
distanti dall'amore e dallo spazio tempo
vuoti a rendere nella migliore delle ipotesi

(illustrazione di Lisa Gelli)

lunedì

affittasi stanza in zona Tiburtina

Covoni di vestiti sulle briciole di pane
il calore dei tuoi beige mi è rimasto sulla pelle
strappa i chiodi dai muri e avvicina le narici
inala i nostri umori come faresti con la meth

40 gradi



1


Quando aprii gli occhi mi sentii come se fossi stato reduce dell’influenza più aggressiva che possa capitare ad un essere umano. Quella per cui la fase acuta è paragonabile ad uno stato comatoso senza speranza. Benissimo, penserete; l’incoscienza corrisponde al desiderio che chiunque si augurerebbe in una situazione di dolore acuto rispetto al quale una banale influenza minimamente può avvicinarsi, anche fosse della peggior specie. Tale condizione non costituirebbe un problema, dunque, se non per i postumi fisici. E’ come se un paraplegico dalla nascita avesse deciso di giocare una partita di rugby esattamente il giorno dopo aver scoperto di essere stato miracolato, senza dare adeguata preparazione ai propri muscoli ancora atrofizzati dalla malattia. Un esempio paradossale che spiega bene i dolori che provavo in quel momento. Magari ho esagerato un po’, ma aggiungendo a tutto ciò la totale assenza di salivazione e un maledetto cerchio alla testa, ecco… vi ho fatto un quadro piuttosto veritiero dello stato in cui mi svegliai quella mattina. Ovviamente non avevo l’influenza, ero sano come un pesce. Le mie condizioni erano causate da quella che si può definire una notte turbolenta.

Sbattei le palpebre più volte, infastidito dalla forte luce che entrava dal finestrone della mia camera,  e nel momento in cui cominciavo a rendermi conto dello stato agonizzante in cui mi trovavo,  man mano, cominciavano ad affiorare alla memoria le immagini della sera prima, ancora troppo confuse per avere alcunché di logico. Dopo qualche minuto, senza ancora muovermi dal letto, riuscii a guardare verso quel fascio di luce che entrava dalla finestra aperta. Era così intensa che a stento riuscivo a tenere lo sguardo fisso. Mi venne in mente la scena del film dei Blues Brothers in cui John Belushi, contornato da una strana aura fluorescente , nel bel mezzo di una messa battista in perfetto stile gospel, riceve dall’alto l’illuminazione divina, evento trionfalmente sottolineato dalla voce solenne del reverendo James Brown, che aizza i fedeli gridando: - Lui ha visto la luce!! -. Il sole era già alto da un pezzo probabilmente; sembrava una di quelle mattine di luglio da caldo record.

Mi guardai intorno. Ci saranno stati quaranta gradi, avevo la bocca impastata. C’era casino ovunque. Di fronte al letto, dove giacevo dolorante, la poltrona era carica dei vestiti di una settimana. Le ante dell’armadio erano aperte. Accanto, dov’era la scrivania, vi erano appoggiate le due grosse tele a cui stavo lavorando. Per terra, lì intorno, schizzi di colore acrilico dovuti alle pennellate della mia pittura gestuale, lo stile che adoravo. Cominciai a muovermi riluttante, spingendo sui gomiti, facendo per alzarmi, e mi ricordai di quanto bevvi la notte prima.

- Si è fatto proprio baldoria – riuscii a biascicare, come per rendermi conto di essere ancora perfettamente in grado di parlare. Allungai la mano sul comodino e presi dal pacchetto una sigaretta, la accesi. La sera prima ero uscito insieme al mio coinquilino Davide, e ad Alessia (la mia ragazza) dopo aver cenato insieme a casa. Eravamo andati al Joe’s Pub, un Jazz club non lontano casa, dove si esibiva Guido, un vecchio amico di Davide. C’era aria di festa, canzoni rockabilly e… la situazione è  presto degenerata. Si è ballato sui tavoli, si è bevuto tanto. C’era Alessia che sembrava infuocata. Si contorceva accanto a me, nel suo bel vestitino corto di cotone. Agitava nell’aria i suoi capelli mossi, corvini, e mi guardava con un sorrisino eloquente, mentre io partecipavo a quello che era il nostro consueto gioco di seduzione, già pregustando quello che sarebbe di lì a poco accaduto. Maybellene why can’t you be true, cantava Guido, facendoci scatenare come pazzi. La adoro Alessia, lei sì che era vera invece; nonostante la nostra relazione duri ormai da quasi tre anni, dal momento che il tempo, secondo molti, è il peggior nemico della passione, siamo sempre stati capaci di guardarci come due amanti arrapati. Quello che amava di me, diceva, era il mio essere artista a tutto tondo, nel lavoro, nella vita, a letto. Quello che amavo di lei, invece, era la sua intera persona. Per certi versi era un’artista anche lei, ed era un libro aperto. Quando era incazzata lo si vedeva immediatamente, grazie alla teatralità delle sue espressioni. Adorava giocare, fu quello che mi fece innamorare di lei. E come vi ho lasciato immaginare, nella nostra relazione, si gioca sempre. Dopo aver ballato al ritmo di rock’n’roll, cercando di sedurmi  con i suoi sguardi voluttuosi e con le movenze del suo corpo sinuoso, come fossi uno sconosciuto, aveva inscenato un approccio, presentandosi a me con un altro nome. Mi chiamava “Signor Voce Suadente”. Non c’erano regole scritte per i nostri giochi. Ogni volta qualcuno tra i due prendeva l’iniziativa. D’un tratto poi mi saltò tra le braccia come una bambina chiedendomi…

2

 - Signor Voce Suadente devo fare pipì, mi accompagneresti? Non sono ancora in grado di farla da sola -

- Beh, c’è qui in giro tua madre no? Perché allora non chiedi a lei? –

- Mia madre è tornata a casa - cantilenò Alessia, scimmiottando la miglior voce infantile che fosse in grado di fare. - E’ arrabbiatissima con me perché sono monella -

- Ha ragione la mamma sai? Lo sai che non puoi chiedere a uno sconosciuto di accompagnarti a fare la pipì? Che cazzata, pensai.

- E perché mai?? - mi chiese, fingendo stupore.

- Perché non puoi mai fidarti degli sconosciuti. Lo insegnano a scuola.

- Hey me la sto facendo sotto, insomma potresti almeno accompagnarmi a casa no?? - mi chiese sbattendo i piedi a terra.

- D’accordo, va bene - le dissi, fingendo un tono scocciato; chiaramente sapevo dove voleva andare a parare.

Finii l’ultimo sorso di birra nel frattempo che Alessia raccoglieva la sua borsa; Davide era intento a parlare con gli amici di Guido, che erano tutti riuniti al bancone del bar, vicino alla band. In particolare notai che sembrava ben disposto verso una ragazza coi capelli corti e capii, conoscendolo ormai, che ci stava provando con lei. Lo avvertimmo ed uscimmo in strada.

- Cazzo Ale, ma come posso pensare di fare l’amore con te adesso se continui con quella voce da bambina?? -

Rise divertita - Vedrai, ci metto poco a passare allo stato puberale. Mi trasformo in un’adolescente con gli ormoni in subbuglio - mi disse, prendendomi in giro.

- Sarai la mia Lolita? -  le chiesi, cingendole con il braccio la sua vita sottile. Ho sempre pensato che, riguardo al suo fisico, quello fosse il suo punto di forza. Sebbene non fosse particolarmente formosa, una vita sottile come la sua rendeva irresistibile il suo sedere, accentuandone le rotondità.

- Sarò chiunque tu vorrai purché facciamo in fretta però, davvero me la sto facendo sotto. -

In dieci minuti eravamo a casa. Alessia corse in bagno. Si abbassò gli slip e fece il suo bisogno con la porta aperta. Io intanto avevo preso una bottiglia di vino e due bicchieri e mi recai in camera, dove mi raggiunse. Accesi il ventilatore, cercando di smuovere quell’aria rovente e seguitammo nella recita. Mi chiese come fosse fatto un pene e glielo mostrai, in piedi di fronte a lei, abbassandomi i jeans. Corrugò la fronte, raccolse il bicchiere di vino sedendosi sul letto e prese a esaminarlo attentamente con gli occhi, sorseggiando. Restammo immobili, così, uno di fronte all’altro, sforzandoci di rimanere perfettamente seri nonostante l’alcol. Lei osservava stupita come, piano piano, il mio pisello cominciava ad ergersi davanti al suo sguardo, proprio come se stesse per la prima volta assistendo ad un fenomeno simile.

Eccitati dal gioco, dalla nostra assoluta disinibizione, facemmo quindi l’amore, concludendo com’era solito fare la nostra serata a letto.

 3

    Quella notte Alessia non rimase a dormire nel mio letto. E’ stata lei a spingere affinché andassi a vivere con suo fratello Davide, che cercava un coinquilino per poter ridurre le spese di affitto. A 29 anni suonati aveva trovato un misero lavoro al call center, grazie al quale riusciva a coprire le spese dell’affitto, e un coinquilino gli avrebbe permesso di trovarsi qualche soldo in tasca in più alla fine del mese. Io invece lavoravo da un paio danni in uno studio di architettura. Spendevo buona parte di quello che guadagnavo appresso al mio più grande sogno, l’arte. Lo stipendio però, mi consentiva di potermi pagare l’affitto di un piccolo monolocale che però abbandonai un mese dopo. Un monolocale è troppo triste per quelli come me che amano circondarsi di gente. Così mi trasferii da Davide, e imparai anche conoscerlo meglio. Davide era un cornificatore, incapace di essere fedele alla sua Marta che invece pendeva dalle sue labbra. Capitava non di rado che si ritirasse a casa con una ragazza appena incontrata che poi, puntualmente, rimaneva a dormire nella sua stanza e scompariva il giorno dopo. E intanto Marta, da poco trasferita a Bologna per lavoro, piantava i casini al telefono perché immaginava tutto ma era incapace di troncare quella relazione.

Ogni mattina quindi, dopo la consueta notte di bagordi, cominciava sempre nello stesso modo; Davide in camera sua che dormiva con la biondina di turno del Joe’s pub ed io, che cerco di riprendermi nel mio letto, attendendo la solita telefonata di Marta che puntualmente si trasforma in un interrogatorio su cosa avesse fatto Davide la sera prima.

Drin Drin! - eccola - pensai. Spensi la sigaretta nel posacenere e raccolsi il telefono portatile da terra.

4


- Pronto-

- Pronto, Luca..-

- Marta… - risposi con un filo di voce, stropicciandomi gli occhi, mi alzai dal letto e andai verso il finestrone.

- Non ho intenzione di romperti le palle ancora, Luca, so che Davide è di là, con qualcuna - Restai in silenzio - Sono stanca, di questa storia, Luca. Non ho più intenzione di nascondermi dietro un dito, di negarlo a me stessa. - la sua voce non tradiva la minima emozione; nemmeno un tremore. Seguitai a stare zitto, ad ascoltare. - Sono a Roma, sono arrivata ieri sera… vi ho seguiti al Joe’s. - Capii allora che aveva visto Davide. Che lo aveva visto con la bionda.

- Marta ascolta..-

- …no - mi interruppe - ascoltami tu…ieri sera sono rimasta dieci minuti soltanto, non sono entrata, sono rimasta a guardarvi da fuori la porta, fino a quando tu e Ale non siete usciti. Non ho cambiato idea su Davide ieri sera, guardandolo con quella puttanella, sappilo… mi ero già decisa.

- Marta, credimi, vivrai benissimo senza di lui - le dissi, senza sforzarmi più di tanto nel risponderle con qualcosa che non suonasse come una frase fatta. Non nascondo che ero sollevato dal fatto di non doverle raccontare l’ennesima cazzata quella mattina.

- Luca non me ne frega più niente ti ho detto. Scendi, sono qui giù in macchina, voglio fare un giro con te. -

- Marta…sono sveglio da poco…non sono ancora pronto… non ho fatto nemmeno colazione! - le dissi scocciato. A quel punto pensai che sarebbe stato molto meglio se quella mattina fosse stata la solita Marta paranoica.

- ti prego Luca, scendi, è questione di poco -

- d’accordo, aspettami - Prima scendevo, prima me la sarei levata di torno.

Andai prima in bagno e tornai in camera; mi vestii con i vestiti della sera prima. Prima di scendere ad affrontare quella che a tutti gli effetti sembrava essere una Marta più svitata del solito, che da Bologna era scesa a Roma con chissà quali intenti, presi il cellulare e chiamai Alessia per avvisarla ma il suo cellulare era spento.

5


Varcai il portone e la vidi fuori, nella sua auto, lo sportello era già aperto. La giornata era stupenda, il sole quel giorno era davvero così forte come mi era parso svegliandomi. Entrai in macchina cercando di penare a cosa avrei dovuto dirle per tirarla su, sebbene al telefono mi era sembrata rassegnata piuttosto che triste.

- Marta, buongiorno - le dissi, e mentre entrai in macchina vidi Alessia seduta dietro. Mi sorrise.

- Ale, ho provato a chiamarti prima…- le dissi un po’ meravigliato di vederla lì.

- Non ho con me il cellulare amore - mi disse, allungandomi un bacio. Pensai che probabilmente Marta aveva bisogno del nostro consiglio, o semplicemente voleva sfogarsi un po’.

- Buongiorno Luca… ragazzi scusatemi se vi ho tirato giù da letto stamattina - Marta sistemò lo specchietto retrovisore in maniera tale da poter guardare negli occhi anche Alessia. Girò la chiave di accensione e partì. D’improvviso pensai che potesse avercela con me, perché avevo sempre fatto il gioco di Davide, perché non ero mai stato sincero fino in fondo su quello che faceva.

- Ascolta Marta, più volte mi sono confrontato con Ale su questa storia, per capire come dovessi gestire la cosa..

- …credimi Marta - disse Alessia interrompendomi - ho cercato di convincerlo a dirti cosa facesse Davide alle tue spalle; purtroppo la situazione non è così semplice come sembra -

- appunto - dissi interrompendola a mia volta, alzando un po’ la voce infastidito. - con Davide ci vivo… lui è uno stronzo con te… è uno stronzo, nulla da dire in proposito, ma non spettava a me far uscire le cose allo scoperto. -

Fino a quel momento Marta era rimasta in silenzio; guardava fisso la strada. Il suo sguardo non tradiva alcuna emozione, sembrava quasi distaccata. Imboccò l’Appia e proseguì lasciandosi piano piano la città alle spalle, verso il raccordo anulare.

- Non è questo il punto - disse finalmente, interrompendo quel silenzio. Spostò gli occhi dalla strada allo specchietto retrovisore, incontrando gli occhi di Alessia, e poi di nuovo alla strada.

- So che sono stata cieca - sentenziò, con una calma incredibile, finalmente lucida, finalmente non offuscata dall’amore per Davide. - so anche che non spettava a te raccontarmi tutto, dovevo capirlo da me… dovevo capire i segnali che mi lanciavi al telefono quando ti chiamavo per chiederti cosa avesse fatto la sera prima. - Mi sentii sollevato, la sensazione che Marta in qualche modo potesse avercela con me per non esserle stato del tutto sincero svanì del tutto. Aveva capito che non potevo sbilanciarmi troppo, che avrei rischiato di litigare con Davide se avessi fatto qualcosa e se lui non fosse stato così lucido da capire i suoi errori.

- Le cose non sono mai semplici - proseguì - tranne che per voi due…siete stati sempre uniti, sempre innamorati - disse ad Alessia, spostando gli occhi sul retrovisore. In quel momento mi sentii un po’ a disagio, mi dispiaceva davvero per quello che Marta aveva passato.

- Il punto è che la vita va avanti, le cose cambiano. E certe volte Alessia succede che si è così felici di quello che si ha da non accorgersi di quello che accade. -

Alessia da dietro le mise una mano sulla spalla accarezzandogliela, cercando di essere amorevole, provando ad alleviarle il dolore che sicuramente covava dentro sé.

- No Ale, non hai capito! - disse rompendo quella sua calma apparente, con un filo di voce – ho scopato con Luca… -

Quella frase congelò l’aria, sebbene ci fossero almeno 40 gradi. In quel momento vidi gli occhi di Alessia cambiare piano piano espressione. Io non ero del tutto sicuro di quello che avevo sentito… eppure, avevo sentito benissimo. Lo sguardo di Alessia me ne dava conferma.

- no.. - sentii bisbigliare Alessia,e la vidi abbandonarsi sul sedile, come se avesse ricevuto un colpo di pistola.

Io spostavo freneticamente lo sguardo da Alessia a Marta, e poi ancora ad Alessia. Non riuscivo a crederci. Non riuscivo a dire nulla.

- Alessia ascoltami- proseguì Marta. - Ho sempre chiamato Luca quando cercavo conforto, quando sospettavo di quello che Davide mi stava facendo alle spalle…era inevitabile che accadesse. Siamo finiti a letto….gli uomini sono tutti uguali quando una donna apre le cosce, Alessia.

- cosa cazzo dici???- urlai forte. Riuscii a farmi tornare la voce ma ero assolutamente incredulo. Il colpo di pistola aveva colpito anche me. Sentii la mente offuscata. Non riuscivo a capire perché Marta si fosse inventata quella storia. Avevo perso la lucidità insieme alla forza di reagire.

Quello che successe in quegli istanti è registrato nella mia mente insieme alle sensazioni esterne ed interne al mio corpo. Vidi Alessia sporgersi su Marta, urlando forsennata. Vidi Marta che faticava a tenere la strada. Sentii i clacson delle altre macchine, lo stridore delle gomme sull’asfalto. La vidi guardarmi negli occhi. Vidi che mentre mi accennava un sorriso e cercava di contenere Alessia con la mano destra, con la sinistra girava piano piano il volante, di quaranta gradi circa… la strada, però, proseguiva dritta.

venerdì

stazione Tiburtina


Si corre come i matti, tutti in fila
Sulle note di qualche canzone reggae
Verso quei vagoni carichi di graffiti
Che ripartono con il suono di un boeing

http://www.youtube.com/watch?v=yislqTvB5e8

martedì

blocco nero


blocco nero è la cataratta
sugli occhi di chi piscia sulla porcellana
e il futuro ci costringe ad alzare la gamba
come i cani, sull’asfalto

venerdì

in 5 secondi lo dimentichi

il buio silenzio blu
un debole ronzio appena
poi con un crescendo scoppia
ti ricordi che non sei mai salvo
in 5 secondi lo dimentichi.

lunedì

Tornare a casa

l'aria della notte a Tiburtina
sa di vento degli autobus notturni
che ti porta dove ho lasciato il cuore
dove ancora c'è Corinne e la sua voce
e sulla tavola cous cous, birra, patatine.

Via dei Marsi

i miei passi e i graffiti di via dei Marsi
scoppiano fasci di luce sui miei finti Rayban
quando i miei occhi erano immensi
e la mimosa rivestiva le narici dei miei giorni più belli

martedì

starburst, ancora


Bruciastelle
vorticose tinte porporee
apri la tua galassia
dispiega gli aghi di pino
Siedi sulla mia faccia

sabato

chi semina vento raccoglie

chi semina vento raccoglie
segue il vento e si affanna 
e semina vento al sole
muore col vento, da sole

domenica

Magneti

Magneti, zigomi affilati
la tua pelle vibra, si riscalda, hai il sole più bello
Quasar per il tuo desiderio, dilata le pupille
mani di vento, e ti porto a girare la notte
ridi forte sui miei rami di ciliegio
come un innesto.

mercoledì

La sposa turca

Magari ora vi fermate a parlare davanti a un caffè, vero Sibel? 
tocchi la tazzina con un dito sorridendogli, da amica
e vi ricordate, magari, di quando gli aprivi le cosce
perchè l'inchiostro secondo te si lava dai vestiti
e si ritorna puliti e amici più di prima
puttana con contratto a progetto

lunedì

The good fellas

Cosa ne sai della coscienza, eh?
Che si scrive con la i? sicuro, sicuro
E il centometrista esistenzialista
taglia il traguardo della presunzione
e scivola sulla merda di cavallo

venerdì

naturale




naturale
certe volte pulisci il cielo
fai giocare gli stormi di storni
mi stupisco di come fai
con un sorriso
naturale

Oggi è tempo di





"tempo di..." intimità glocale
piano piano la luce è solo riflessa
su google non c'è più ragione di cercare
la curiosità appartiene ad altri
tempi